“la più lunga, la più maestosa delle valli alpine italiane” Guido Piovene

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La prima tappa di questo lungo viaggio, come si evince dal titolo, è la valle d’Aosta. Situata nell’estremo nord-ovest del ‘bel paese’ è cinta dai quattro massicci più alti d’Italia. Il Monte Bianco, che con i suoi 4810 m è il monte più alto d’Europa al confine con la Francia, il Monte Rosa, massiccio più esteso d’Italia che assieme al Cervino delimita il confine con la Svizzera ed il Gran Paradiso, condiviso con il Piemonte.
Tutti fungono da cornice della valle ed accompagnano quello che è il corso della Dora Baltea, fiume più lungo della regione, da Entrèves (frazione di Courmayeur) ai pressi di Ivrea.
Perché è così importante conoscere l’orografia di questa magnifica regione?
Poiché senza non potremmo spiegare l’argomento di oggi: la nevicata da sfondamento.
Per sfondamento intendiamo un fenomeno meteorologico in cui ammassi nuvolosi valicano una catena montuosa dando luogo a precipitazioni sul versante sottovento durante un’irruzione.
Attenzione: questo fenomeno non sempre giunge fino a valle. Capita infatti spesso il contrario, ossia che il versante sottovento sia soggetto al favonio, o Föhn* (vento caldo e secco in caduta direttamente dal crinale del monte). Tutto dipende dall’intensità e dalla portata dello sfondamento.
Ma andiamo a vedere nello specifico come si verifica questo fenomeno in Valle D’Aosta. Tutto parte generalmente da un’irruzione di aria fredda ed umida proveniente dal comparto nord-atlantico (vedi gif sottostante). Quando il fronte giunge in prossimità della catena alpina, questa massa d’aria non completamente satura, comincia la propria ascesa. Inizialmente lungo un gradiente adiabatico secco, perdendo circa un grado ogni 100 m fino alla raggiunta saturazione e successivamente lungo un gradiente adiabatico saturo ( -0.6 ogni 100m). Salendo di quota, l’aria riprende il proprio volume ed il vapore acqueo condensa trasformandosi in goccioline fino a dar luogo a precipitazioni.
Una volta valicato il crinale avviene sostanzialmente il processo opposto: l’aria che scende dal versante sottovento, per compressione adiabatica si scalda, diventando calda e secca (favonio). Ma questo sarà un argomento che affronteremo in un prossimo articolo.
Ciò che contraddistingue la valle D’Aosta dalle altre regioni è il potenziale pieno di accumuli che registra durante queste incursioni. Tuttavia non è sempre possibile dire fin dove si spingerà lo sfondamento. La linea di confine tra le precipitazioni e l’inizio del favonio risulta infatti molto variabile. Non è un caso che a fine evento possa presentarsi una differenza rilevante, in termini di accumuli nivo o pluviometrici, anche a pochissimi km di distanza.
In questa foto satellitare, scattata qualche giorno dopo lo sfondamento del dicembre 2011 si nota benissimo il confine delle precipitazioni. In questo caso la valle venne interamente sepolta, ma si può ben vedere la differenza tra il capoluogo ed il corridoio che la collega al Piemonte: zona spesso ai margini di queste incursioni.
Mi piace sempre considerare la catena alpina come un’opportunità. Capita che nevichi ai piedi di Courmayeur e che la valle sia sotto favonio come può capitare, più raramente, che la dama bianca giunga persino in Piemonte.
In basso troverete una foto che ritrae Aosta col suo consistente manto bianco a fine sfondamento, nel dicembre 2017. Sperando che questo articolo abbia quantomeno soddisfatto qualche minima curiosità, ci si sente in Piemonte!
Christian B.
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