
Componenti di un aerogeneratore – educazionetecnica
Spesso sentiamo parlare di energie rinnovabili e nello specifico di aerogeneratori o turbine eoliche, considerate da molti caposaldo delle risorse del domani, in grado di trasformare l’energia cinetica del vento in energia meccanica, quindi elettrica. Tutto questo grazie ad un generatore inserito all’ interno della cosiddetta “navicella”, ossia l’involucro che protegge gli elementi più fragili; sollecitato dal rotore, dunque dalla rotazione delle pale, permette di condurre questa trasformazione.
Da ciò si potrebbe dedurre che sia un’operazione tanto ingegnosa quanto utile: ed è così, ma vediamo un po’ gli effetti collaterali che portano queste installazioni.
Iniziamo col dire che si tratta di veri e propri investimenti milionari talvolta privati che garantiscono al comune, sede dell’installazione, dei margini di guadagno spesso miseri, in luoghi che non sempre sono idonei a questo genere di impianti ove il rischio idro-geologico e sismico è moderato. Per non parlare dell’inquinamento acustico (specie se si tratta di impianti datati) che viene prodotto da queste torri e dei problemi che reca alla fauna del posto. Alte cento metri con garanzia di vita inferiori ai venticinque anni richiedono uno smaltimento tutt’altro che semplice; difatti le pale non più redditizie ed obsolete non possono essere più riciclate, diventando quindi un rifiuto ingombrante a tutti gli effetti. C’è di vero che l’eolico è una valida alternativa green inesauribile alla produzione di energia elettrica da combustibili fossili e con costi di manutenzione complesse e smantellamento contenuti. Le centrali eoliche inoltre sono reversibili, ossia è possibile ripristinare completamente il territorio che ha ospitato l’aerogeneratore.
E allora qui la domanda sorge spontanea: Qual è il punto d’incontro tra la salvaguardia ambientale beneficiando di queste turbine ed il deturpamento territoriale e paesaggistico?
Christian B.

