Effetto ASES: cos’è e perché si verifica
I meccanismi fisici che portano a condizioni meteo ben precise, sono spesso immaginati senza dinamiche dietro, come se avvenissero per puro caso. Dunque si dà per scontato ciò che in realtà, dietro, cela azioni più complesse e affascinanti. Vediamo perché l‘Effetto ASES (Adriatic-Sea Effect Snow) è uno di questi.

Le origini dell’ASES sono da ricercare oltreoceano
Il fenomeno prende spunto dal ben più noto Lake Effect Snow dei Grandi Laghi Americani. Consiste nello scorrimento di una massa d’aria molto fredda, di matrice artica, su una superficie mite e soprattutto umida. Queste caratteristiche corrispondono a quelle di uno specchio d’acqua lacustre, un grande fiume o un mare. Per dare origine al fenomeno innanzitutto è necessario che i suddetti bacini non siano né poco profondi, né troppo. Questo perché nel primo caso si andrebbe incontro ben presto al congelamento della superficie, nel secondo caso invece le coste sarebbero troppo influenzate dalla mitezza. Inoltre, le dimensioni devono permettere la formazione di bande nuvolose sufficientemente consistenti per dimensioni e carico di umidità.
Quale periodo si presta meglio al fenomeno (e non solo in Usa)
Il contrasto termico, elevatissimo soprattutto sul finire dell’autunno e la prima parte dell’inverno tra il bacino lacustre (o marino) e la colonna d’aria sovrastante, permette all’umidità di essere sollevata con forza verso l’alto, dando origine a fitte bande di condensazione in nubi e di convezione. La spinta data dalle correnti dirompenti in zona, sposta il cosiddetto “trenino” nuvoloso verso terra dove, appesantito dal suo stesso carico umido, scarica ingenti nevicate. Negli Usa, maggiormente interessati sono i settori sottovento dei laghi, ovvero quelli verso Nord e verso Ovest, e il versante nord-occidentale dei Monti Appalachi.
Il meccanismo non è sempre automatico, negli Usa e tantomeno altrove. Andiamo a vedere perché.
Il Gradiente Termico Verticale alla base di tutto
Come appena detto, le modalità e l’intensità del fenomeno dipendono da una serie di fattori. A partire dalla differenza di temperatura al variare dell’altitudine, definito anche Gradiente Verticale.
Una differenza di temperatura che va oltre i 12-14°C tra il suolo e la quota isobarica degli 850hPa (circa 1500m, inferiore in caso di geopotenziali bassi), ci restituisce instabilità ed energia sufficienti per il verificarsi dell’effetto. Al crescere del gradiente crescono anche le probabilità di maggiore intensità del fenomeno.
Nè una piscina, nè un oceano…
Come detto nel primo paragrafo, riveste grande importanza anche la dimensione del bacino, lacustre, fluviale o marino che sia, poiché deve essere percorso dalla massa d’aria per innescare il fenomeno. Proprio questa distanza percorsa dall’aria al di sopra del lago è definita fetch. Data la superficie irregolare dei bacini, il percorso varierà notevolmente in base alla disposizione dei venti. Tipicamente le nevicate da effetto lago o effetto mare consistenti richiedono un fetch superiore ad almeno 70/80 km e, ovviamente, al crescere di tale distanza crescerà anche la portata dei fenomeni. Anche il livello di umidità è giocoforza fondamentale: è necessario infatti che la massa d’aria non abbia connotati secchissimi, così tanto da rendere vano lo scorrimento su una superficie. Dal contributo iniziale di umidità dipende infatti il fetch necessario per avere fenomeni di rilevanza.
Occhio agli svarioni del vento
Quando si parla di shear della ventilazione, si possono intendere una variazione locale, orizzontale o verticale, sia della direzione che dell’intensità del vento. Per il nostro effetto mare, le condizioni più adatte si verificano con valori di shear, tra il suolo e i 700 hPa, compresi in 35° di angolazione. Ad esempio N>NNE, molto al limite NE). La differenza di velocità invece tra le suddette quote dovrebbe risultare compresa entro i 70km/h. Perché questi limiti? Autentici tagli direzionali e di velocità rendono la convezione inefficace, con trenini nuvolosi molto veloci nello scorrimento oppure sfilacciati e inconsistenti nei fenomeni.




I trucchi ci sono e si vedono: la sinottica della massa d’aria e lo Stau
Ci sono infine due elementi che possono autenticamente raddoppiare la portata dell’evento. Il primo è la curvatura in entrata della massa d’aria, riferendosi alla configurazione barica. Ciò può avere una diretta conseguenza sulla vorticità relativa (positiva), perché può determinare una maggiore o minore tendenza alla nascita di ciclogenesi.
Invece la presenza di ostacoli orografici o rilievi montuosi, grazie all’effetto Stau, può aiutare tantissimo nella rendita e nell’entità delle precipitazioni. Infatti, l’aria umida proveniente dal bacino lacustre o marino tende ad ammassarsi sul pendio sopravento del rilievo. Aumentando il carico di umidità, il tutto può tramutarsi in fenomeni nevosi di portata eccezionale. Un esempio nel nostro territorio è dato dall’evento del gennaio 2017 che ha interessato il Medio Adriatico. Nell’arco di pochissime ore, un’immensa quantità di aria umida è stata veicolata contro i rilievi poco distanti dalle coste, con accumuli nevosi che già in media collina sfioravano il metro.
Nunzio Larosa
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