Effetto Stau: cos'è e cosa comporta
A quanti di noi è capitato di attraversare un massiccio montuoso, imboccando un traforo con una condizione meteo per poi trovarne l’esatto opposto una volta usciti? Da un lato soleggiato, ventoso e mite, dall’altro uggioso, umido, piovoso, magari anche freddo e nevoso. Questa è l’osservazione elementare di un fenomeno tanto affascinante quanto complesso, ovvero quello del sollevamento orografico, che vede come protagonista l’effetto Stau. Ma di cosa si tratta? Andiamolo a scoprire.
Una massa d'aria deve sempre fare i conti con l'orografia
Una massa d’aria ha una densità tale da essere costretta, di fronte ad un ostacolo orografico, ad un sollevamento. Tale azione è più o meno efficace in base alla spinta di una massa d’aria e alla propria densità. Ad esempio, l’aria fredda che segue i fronti freddi provenienti da Atlantico, Nord Europa o Balcani, è spesso spinta da un campo esteso di intense correnti occidentali, settentrionali o nord-orientali. Nel proprio moto verso il Mediterraneo, all’impatto con le diverse catene montuose quali le nostre Alpi o gli Appennini, la massa d’aria è costretta a sollevarsi sul primo versante che incontra, prima di poter discendere sui versanti opposti (sottovento). Lo stesso discorso riguarda fasi con correnti meridionali: ad esempio i settori alpini rivolti a Sud vedono il sollevamento della massa d’aria, lasciando sottovento i versanti oltralpe. Nelle varie fasi di sollevamento e caduta, i processi termodinamici della condensazione e dei movimenti verticali adiabatici modificano profondamente, seppur solo localmente, le caratteristiche intrinseche della massa d’aria.
Lo Stau e l'adiabatica
Origini del termine
La parola Stau è di origine tedesca e significa “coda”, chiaro riferimento a quella nuvolosa di un sistema frontale in transito oltralpe. In meteorologia però, questo termine descrive il movimento ascendente dell’aria sul versante sopravento di un rilievo, con formazione di nubi e precipitazioni.
I profili termici legati allo Stau
Nonostante ciò, l’aria che si presenta di fronte ad un rilievo non è inizialmente satura di umidità. Il suo moto di ascesa avviene così, dapprima, lungo una curva adiabatica secca, cioè ad un raffreddamento di circa 1°C ogni 100 m. Quando si raggiunge un valore di temperatura pari a quello iniziale di rugiada, la particella diviene satura. L’ascesa adesso prosegue secondo adiabatica satura e con un raffreddamento che dipende dai valori inziali di temperatura, di umidità specifica, di pressione che la massa d’aria esercita e di velocità ascensionale. Realisticamente, si tratta di una perdita compresa tra i -0.5°C ogni 100m e i -0.6°C (in stato di quiete o quasi). Durante la salita, nello strato di saturazione, la quasi totalità del vapore acqueo iniziale delle particelle d’aria condensa sotto forma di nubi e di precipitazioni.

Livelli di condensazione e convezione dello Stau
Livello di condensazione forzata e Stau non sufficientemente efficace
Spesso la voluminosità e la portata dello Stau dipendono dall’instabilità condizionale. Prima abbiamo descritto come una massa d’aria (nello specifico, una particella), sollevata forzatamente dal suo livello iniziale di equilibrio (stabilità), si raffreddi seguendo l’adiabatica secca e, una volta raggiunto il livello di condensazione (forzata, LCL), la stessa particella ormai satura continua il raffreddamento in maniera più contenuta secondo l’adiabatica satura. Quanto appena detto però, avviene in atmosfera subadiabatica e piuttosto stabile, in quanto la massa d’aria, mantenendosi sempre più fredda dell’ambiente circostante, appena finisce il sollevamento orografico cessa anche il suo moto d’ascesa. In questa situazione, l’ammasso nuvoloso sul versante sopravento non solo sarà contenuto nello strato compreso tra l’LCL e la cresta montuosa, ma potrebbe rivelarsi avaro di precipitazioni e incapace nello sfondamento orografico.
Livello di libera convezione e sviluppo verticale dello Stau
In altre occasioni però, il moto di ascesa forzata può portare la massa d’aria a superare la temperatura dell’ambiente circostante, incrociando termicamente l’adiabatica satura e sormontando quello che viene definito come livello di libera convezione (LFC). Nel momento in cui ci si ritrova con questa peculiarità termica, si parla di instabilità latente o condizionale. Da questo punto in poi, il moto delle particelle d’aria prosegue la sua ascesa fin quando le stesse non avranno condensato tutto il proprio contenuto di umidità. Di conseguenza, lo sviluppo delle nubi assumerà una notevole componente verticale, estendendosi ben oltre la massima altezza del rilievo, producendo verosimilmente precipitazioni rilevanti sui settori sopravento e tentando lo sfondamento orografico.
Effetti pratici dello Stau sul territorio
Aspetto termico
Quanto detto sopra esplica da un punto di vista teorico gli effetti di un sollevamento orografico. E nel concreto invece? Andiamo a vedere alcuni esempi.
Da un punto di vista termico, ad una certa quota, troveremo i versanti sopravento ad una massa d’aria più freschi/freddi e umidi rispetto ad una pari altitudine sottovento, interessata da ventilazione di caduta più calda e secca. Non è inusuale trovare differenze termiche ampie tra un versante e l’altro di una catena montuosa. Ad esempio, nel caso delle Alpi, sono possibili anche 15°C di scarto, talvolta anche oltre, tra i versanti transalpini e quelli italiani, quando una massa d’aria fredda scorre sull’Europa centrale. Viceversa, con correnti meridionali troveremo i settori austriaci e bavaresi con temperature miti o calde, mentre la Pianura Padana e i settori alpini italiani più freschi e umidi.
Aspetto pluviometrico
Da un punto di vista pluviometrico, lo Stau apporta precipitazioni leggere in caso di poca spinta della massa d’aria (rappresentata sinotticamente da un fronte o da un’intera struttura depressionaria che interagisce con i rilievi di un determinato settore idrografico), Invece, in caso di intense correnti sopravento, il rischio è di ricevere ingenti quantitativi di pioggia (anche nell’ordine di diverse centinaia di mm) nel corso di diverse ore, portando a criticità di stampo idraulico e idrogeologico. I maggiori record pluviometrici italiani si sono registrati in località soggette, in quei momenti, allo Stau e poste in punti dove la forzante orografica può essere espressa nel suo massimo potenziale Di seguito citiamo solo alcuni esempi negli ultimi anni, ma ve ne sono davvero a decine per ogni settore della nostra Penisola: per il Nord-Ovest il 2-3 Ottobre 2020, per il Nord-Est e la Calabria il 27-29 Ottobre 2018, per la Sardegna orientale il 18 Novembre 2013, per la Sicilia orientale il periodo tra 24 e 29 Ottobre 2021 o il 9-10 Febbraio 2023.
Foto di copertina: Barbara di Tullio
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